Amiche e amici del Capri Comics, oggi vi vogliamo consigliare Devil May Cry, serie d’animazione creata da Adi Shankar, prodotta dallo studio di animazione sud-coreano Studio Mir e distribuita su Netflix a partire dallo scorso 3 aprile. Basato, ça va sans dire, sull’omonimo franchise di videogiochi targato Capcom, la serie racconta la storia cacciatore di demoni Dante, impegnato a sventare un’invasione demoniaca della Terra, il tutto con una buona dose di ironia, splatter e alcuni momenti drammatici e riflessivi per niente banali.
Premessa n.1
Come spesso accade su questi schermi, vogliamo darvi due versioni di questo consiglio: una spoiler-free per chi è interessato a vedere la serie e non desidera rivelazioni e una spoiler-heavy per chi cerca un approfondimento (si spera) stimolante.
Premessa n.2
Chi vi scrive non è un fruitore o conoscitore della saga videoludica di Devil May Cry, ma questo non mi impedisce di avere una opinione critica su questa serie derivata, come già avvenuto in passato (Articolo su “Castlevania” e “Castlevania: Nocturne”). Questo significa che la disamina toccherà soltanto ciò che viene mostrato nella serie e che può essere compreso in maniera intrinseca e indipendente: riferimenti e citazioni ai giochi non verranno quindi discussi perché non ne sarei preparato.
Si parte per l’inferno…
La serie ha una struttura molto lineare, con un mistero intriso d’azione che tiene sulle spine chi non sa nulla di Devil May Cry, ma che potrebbe disinteressare un fan, il quale si concentrerà inevitabilmente sui altri aspetti.
La narrazione ha il ritmo della cavalcata furiosa, con accumulo di scene d’azione inframmezzate da momenti di sarcasmo ma anche di calma e introspezione. L’urgenza drammatica è data dalla classica ricerca spasmodica del macguffin da parte di un nemico folle che vuole portare la fine del mondo, ma al di sotto del valore spicciolo di tale snodo, al di là della violenza esagerata e oltre l’ironia irriverente (tutte caratteristiche della serie video-ludica originale, va detto), gli autori hanno saputo immettere alcuni spunti interessanti: il confronto tra diversi, lo scontro tra identità e origini, la convinzione di una fede, la mostruosità dei dogmi, la compassione verso un nemico, il re-immaginare la realtà sulla base di un ideale. Non male per una serie d’azione palesemente indirizzata ad un pubblico di giovani.
I personaggi sono abbastanza prevedibili, ma non per questo banali o fiacchi, e la loro apparente convinzione monolitica è attraversata da crepe di dubbio e rimorso. Spiccano ovviamente Dante e Mary, lui badass cazzone e metal, lei badass epica e convinta.
Notevoli le animazioni e la regia, che mascherano qua e là alcune ristrettezze economiche, e funzionali le interpretazioni del cast principale, tra cui spicca, in un ruolo postumo, il compianto Kevin Conroy, storica e immortale voce di Batman, nel ruolo dell’inquietante e minaccioso Vice Presidente Baines. Fenomenale la colonna sonora, da Rollin’ (Air Raid Vehicle) dei Limp Bizkit per i titoli di testa a Afterlifedegli Evanescence, da Guerrilla Radio dei Rage Against the Machine ad American Idiot dei Green Day, solo per citare alcune delle tracce che danno alla serie un ambiente distinto e marcato, che cattura le energie disordinate ma energizzanti e a volte tragiche del metal alternativo di inizi 2000.

…e si arriva al Makai
Mi sento di dire che Devil May Cry è una serie incentrata sullo spostamento della prospettiva bene/male.
L’inferno e i demoni, esemplificazioni massime del male, vengono immaginati come una nazione devastata, il Makai, e come un popolo vessato, i Makaian, con i propri sogni ed aspirazioni, desiderosi di una vita migliore sulla Terra, anche a costo di macchiarsi di crimini terribili. Peccato che il nostro mondo sia infernale a modo proprio, dominato da politicanti ignoranti manovrati a loro volta da folli zeloti incapaci di empatia. E così, mentre il demone diventa il terrorista corrotto dall’odio, il diverso incompreso, l’immigrato pericoloso, il nemico che va solo sterminato e mai ascoltato, l’umano diventa l’esecutore impassibile di ordini tremendi, o la pedina inconsapevole di disegni spaventosi.
In questo orizzonte divisivo si immette il personaggio più diviso, Dante, mercenario strambo e impertinente, che nell’atto di recuperare un oggetto caro sottrattogli, riscopre e si riappropria anche della propria identità e della propria storia familiare.
Chi ha invece chiare, sin dall’inizio, le proprie origini è Mary, che cerca in ogni modo di portare avanti la missione che ha condotto alla pazzia suo padre e alla distruzione della propria famiglia: proteggere il mondo e i propri cari dai demoni. Questo finché il demone non si rivela essere un’altra creatura meritevole di comprensione. Questa nuova consapevolezza, unita al trauma di avere causato la morte dei propri compagni, sconvolgerà le sue convinzioni, ma il cambiamento è un percorso progressivo. In tal senso, il tradimento finale ai danni di Dante dipinge Mary come un personaggio aperto e non granitico come sembrava.

La triade di protagonisti è chiusa dal villain, il cosiddetto Bianconiglio. Folle e determinato, è anch’egli un personaggio diviso tra umanità e mostruosità, avendo sperimentato e patito sia le sofferenze del Makai e sia la spietatezza della Terra. La sua backstory con inserti in stile cartoon, è toccante e tragica, e fornisce un motivo credibile alla sua pazzia. Le sue ultime parole, rivolte a Dante, sembrano in realtà una finale e amara considerazione su se stesso: “Tu credi di stare da un lato soltanto. Quello giusto. Ma ti sbagli. Alla fine, ti renderai conto, che non sei il benvenuto da nessuna parte. Un orfano che nessuno può amare.”

E poi?
Secondo il produttore Shankar, la serie è da considerarsi parte di un “Bootleg Multiverse” condiviso, insieme a Castlevania, Castlevania: Nocturne e Captain Laserhawk: A Blood Dragon Remix. L’impostazione, nei fatti, sembra essere la medesima: azione, horror, splatter e ironia in superficie; introspezione e tematiche sociali sotto traccia. E parlando di narrazioni condivise, ai più attenti non sarà sfuggita la citazione alla Racoon City di Resident Evil. Che sia in produzione una nuova serie animata anche di questa IP? Restiamo sintonizzati e aspettiamo anche una seconda stagione di Devil May Cry, perché il finale aperto di questi primi 8 frenetici episodi promette un proseguimento intrigante.
About the author
Classe ‘92. Laureato in/appassionato di: lingue, letterature e culture straniere. Giornalista pubblicista, divoratore di storie, scribacchino di pensieri propri e traduttore di idee altrui.