Amiche e amici del Capri Comics, anche noi siamo finalmente entrati nel multiverso della follia insieme al Doctor Strange. Ne siamo anche usciti, vivi, con le rotelle quasi tutte al loro posto e con moltissime opinioni che vogliamo ardentemente condividere con voi.
L’ultima fatica cinematografica firmata Sam Raimi ci ha lasciati storditi e stupefatti. Questa nostra disamina avrà quindi due sezioni, ben contrassegnate: la prima, spoiler free, per invogliarvi a correre al cinema, e la seconda, spoiler heavy, per scavare un po’ più a fondo in quel bizzarro oggetto filmico rappresentato da Doctor Strange nel Multiverso della Follia.
Tuffiamoci allora insieme in questo pazzo, pazzo multiverso, attraversando sogni… spazio… e tempo…
Un gradito ritorno (No Spoiler)
È il 2002.
Il genere dei cinecomics supereroistici è in fasce, il Marvel Cinematic Universe è solo un’utopia e nei cinema esce il primo film ad alto budget dedicato a Spider Man, prodotto da Sony e diretto da Sam Raimi, regista che, fino a quel momento, aveva principalmente firmato pellicole horror, grottesche e noir, raggiungendo il successo con la leggendaria trilogia de La Casa. Il progetto di Spider Man, che si trascina ormai da anni, è di gran lunga il più importante della sua vita, ed è arrivato nel momento meno ispirato della sua carriera.
Raimi però comprende il personaggio e usa la sua multiforme impronta stilistica, ora cartoonesca ora horror, ora pop ora drammatica, ora posata ora anarchica, per confezionare uno dei migliori blockbuster degli anni 2000, nonché una pietra angolare del filone supereroistico che viviamo tutt’oggi nei cinema e sui nostri servizi di streaming on demand.
Il successo, nemmeno a dirlo, è stratosferico.
Fast forward.
È il 2020.
Siamo alle porte della pandemia che cambierà il mondo, il Marvel Cinematic Universe è più influente che mai e c’è da trovare un nuovo regista per il secondo film su Doctor Strange, interpretato da Benedict Cumberbatch. La scelta ricade sul nostro Sam, che non dirige un film di super eroi da Spider Man 3 (2007) e in generale un film per il grande schermo da Il Grande e Potente Oz (2013). Il suo Spider Man 2 (2004) era stato un altro grande successo, mentre il terzo capitolo si era invece rivelato un mezzo fallimento, principalmente a causa di pesanti ingerenze produttive, le stesse che, alla fine, porteranno alla cancellazzione di Spider Man 4, già in cantiere, e al primo reboot della saga del Tessiragnatele. Nel 2007, praticamente all’alba di quello che diventerà l’MCU (il primo Iron Man è del 2008), Sam Raimi aveva quindi detto addio al genere supereroistico che lui stesso aveva contribuito a ricreare, lasciando il campo ad una visione produttiva sempre meno creativa e sempre più uniformante in materia di cinecomics.
Per questi motivi, quando Disney annuncia che sarà proprio Raimi a dirigere Doctor Strange nel Multiverso della Follia, l’iniziale entusiasmo di milioni di appassionati in tutto il mondo viene soppiantato da una domanda cruciale: la Disney lascerà a Sam Raimi, un creativo iper-visionario, lo spazio per esprimersi a dovere?
Ebbene, oggi che il film è uscito, posso finalmente darvi la mia risposta, che è: fortissimamente sì.
Doctor Strange nel Multiverso della Follia è un’opera di Sam Raimi, in tutto e per tutto.
È un film che ha una personalità e una visione, sicuramente discutibili, ma se non altro marcate. È angosciante, agitato, strano, destabilizzante, scorretto, carismatico, vivo, disperato, divertente, e quindi non è consolatorio, quadrato, blando e dimenticabile come la maggior parte dei film del Marvel Cinematic Universe. Trovate registiche folli e momenti iconici si sprecano, e le interpretazioni di Benedict Cumberbatch ed Elizabeth Olsen raggiungono livelli altissimi: incerto e sofferente il primo, trasognata ed inquietante la seconda.
La trama segue la rocambolesca fuga di Dr. Strange e America Chavez, una ragazzina capace di viaggiare nel multiverso, da un nemico apparentemente imbattibile e interessato ad impossessarsi dei poteri della giovane. Ma al di là, delle specifiche svolte narrative, facilmente intuibili, e del ritmo, un po’ altalenante e fuori fuoco, il film trova la sua forza nel “come” racconta e non nel “cosa” racconta. Raimi prende la solida sceneggiatura di Michael Waldron e ci versa dentro il suo sguardo sospeso tra cartone animato e incubo delirante, affondando i denti nelle ossessioni distruttive dei personaggi, ossessioni che altro non sono se non desideri frustrati, dolori, rimorsi e rimpianti in fin dei conti normalissimi, estremamente umani, ed eppure appartenenti ad esseri con poteri quasi divini.
E così, negli spazi tra una battuta scanzonata e un combattimento spettacolare, il film trova il modo adatto per esprimere l’orrore che si prova nel trascinarsi in una vita incompleta, ulteriormente aggravata dalla consapevolezza assordante che qualcuno, da qualche parte, chissà dove, stia invece godendo esattamente dell’esistenza che crediamo di meritare noi.
Menzione speciale per la colonna sonora del mitico Danny Elfman, che riesce sempre a rendere incantata “l’aria”, sottolineando il senso delle scene e le emozioni di chi le abita.
Insomma: per chi vi scrive, Doctor Strange nel Multiverso della Follia è proprio il folle sogno ad occhi aperti che mi aspettavo da Sam Raimi, nonché uno dei film Marvel con maggiore carattere e personalità, se non altro per quanto riguarda l’impatto visivo.
Perciò: grazie Sam, e bentornato. Ci eri mancato.
Attenzione: Spoiler più avanti!
Se non avete ancora visto Doctor Strange nel Multiverso della Follia ma pensate di farlo, fermatevi qui.
A partire dal prossimo paragrafo esamineremo più attentamente la carne viva (ma anche quella morta) del film. Continuare la lettura potrebbe perciò rovinarvi la sorpresa, non tanto di ciò che accade, ma di come accade.
E sarebbe un peccato.
Fidatevi: se siete degli estimatori di Sam Raimi, o anche “solo” degli appassioanti di horror o dell’MCU, questo film vale la pena scoprirlo al cinema.
Parte Spoiler: C’erano una volta un Mago, una Bambina e una Strega infelici
Doctor Strange nel Multiverso della Follia ruota attorno a due domande, tanto semplici quanto eternamente potenti, nella vita e nell’arte.
La prima è esplicita, e viene posta più volte al protagonista: Sei felice?
Lui risponde sempre di sì, ma è palese che si tratti di una risposta insincera, dettata dalla paura di soccombere alle proprie debolezze, cosa che per l’appunto capita a Wanda, vittima di una patologica sindrome del nido vuoto.
La seconda domanda è invece una implicita estensione della prima. Non viene espressa direttamente, ma la sua ombra aleggia in tutto il film: Cosa saresti disposto a fare per essere felice?
Per il “nostro” Strange, la risposta a questa domanda è un’altra tremenda fonte di ansia, perché, tendenzialmente, l’ex stregone supremo farebbe di tutto pur di riavere l’amore perduto di Christine, ma (almeno in questo universo) riesce ancora a trattenersi. Chi invece non riesce più a controllarsi è sempre Wanda, che pur di ritrovare i suoi due figli è disposta ad uccidere la giovane America Chavez, prosciugandola dei suoi poteri, ma soprattutto a strappare i bambini da lei tanto agognati ad un’altra versione di sé stessa. Ma tra il dire e il fare ci son di mezzo i paradossi del multiverso e gli sguardi terrorizzati dei suoi stessi figli, che nel momento cruciale le urlano contro di andarsene e lasciarli in pace, perché la loro vera mamma non è e non sarà mai lei. Solo allora, dopo essere stata messa davanti alle conseguenze più estreme della propria invidia e del proprio egoismo, il mostro desiste e torna ad essere davvero una madre, come lei stessa affermava.
Il film, va detto, è anche bello paraculo, perché esplora e consolida sì il Multiverso, ma il “grande schema delle cose”, in fin dei conti, viene sconvolto molto meno di quanto ci si sarebbe potuti aspettare.
Le vere rivoluzioni, quindi, restano ancora in canna.
Non manca anche una buona dose di fan service, fra un Reed Richard calzatissimo, un Captain Carter che torna da What If…? e un anziano Patrick Stewart che entra in scena su una sediolona gialla, accompagnato dalla colonna sonora della prima serie animata degli X-Men. Quest’ultimo, più di tutti, devo ammetterlo, mi ha particolarmente scaldato il cuore.
In generale, in tutta la pellicola si percepisce un certo amore e un certo attaccamento ai personaggi e alle loro vicissitudini.
Strange è diventato una sorta di controparte in live action di Rick Sanchez di Rick & Morty: un essere potentissimo, instabile e quindi pericolosamente in bilico tra il bene e il male. Anche la giovane America Chavez, dapprima insicura e smarrita, e poi via via sempre più decisa e padrona del proprio destino, condivide diversi tratti con Morty Smith. Non è un caso che lo sceneggiatore, Michael Waldron, abbia lavorato proprio a Rick & Morty. Se però parliamo della specifica dinamica Strange-America, il paragone con la serie animata di Justin Roiland e Dan Harmon si perde, perché il rapporto tra lo stregone e la ragazzina è assai poco interessante, specie se comparato alla strabiliante complessità che si cela dietro al legame tra nonno Rick e nipote Morty. Il duo Strange&America tuttavia regge, e risulta abbastanza funzionale ai fini dei rispettivi sviluppi e della trama nel suo complesso.
Un altro parallelismo potrebbe essere quello tra Wanda Maximoff/Scarlet Witch e un altro villain di Sam Raimi, l’Otto Octavius/Dottor Octopus di Spider Man 2, interpretato magistralmente da Alfred Molina. Entrambi perdono la ragione, manovrati dal proprio dolore, ed entrambi la ritrovano nel finale, decidendo di sacrificarsi per cercare di espiare i propri peccati.
Diverse poi le scene memorabili del film, perfettamente esemplificative dello stile del regista e quindi automaticamente tutte di rottura rispetto allo standard di un “normale” film Marvel. Se dovessi scegliere le mie 3 scene preferite, sarebbero queste, in ordine crescente: la stranissima lotta colpi di note incantate tra i due Strange, la “rinascita” dello Strange Zombie, con tanto di mantello fatto di “anime dei dannati”, e infine il disperato inseguimento da slasher movie in cui Wanda, in perfetto stile da Carrie – Lo Sguardo di Satana, dà la caccia a Strange, America e Christine.
In conclusione: Doctor Strange nel Multiverso della Follia non è probabilmente il miglior film della Marvel, ma forse, a dirla tutta, non è neanche un “vero” film della Marvel, non per come eravamo abituati a vederli, almeno. Abbiamo invece a che fare con un horror-grottesco per ragazzi, che casualmente ha dentro personaggi e vicende targati Casa delle Idee. Il che, a seconda del vostro gusto, può essere un pregio o un difetto.
Intanto, Sam Raimi è tornato e ha messo la sua impronta nell’MCU, creando un’opera sicuramente criticabile, soprattutto nel ritmo, ma che riesce a fare delle proprie imperfezioni un tratto distintivo.
Ed era ora che qualcuno, oltre James Gunn, lo facesse.
Che sia arrivato il momento in cui la visione corporativa lascerà più spazio a quella autoriale?
Chissà: il Multiverso, dopotutto, è pieno di possibilità…
About the author
Classe ‘92. Laureato in/appassionato di: lingue, letterature e culture straniere. Giornalista pubblicista, divoratore di storie, scribacchino di pensieri propri e traduttore di idee altrui.
La scena che più mi è piaciuta è quella in cui Scarlet Witch (meravigliosa!) fa fuori gli Illuminati.
Scena fantastica!