Amiche e amici del Capri Comics, oggi parliamo de L’attacco dei giganti (in originale Shingeki no kyojin), manga shōnen scritto e disegnato da Hajime Isayama e serializzato dal settembre 2009 all’aprile 2021, sulla rivista giapponese Bessatsu Shōnen Magazine.
Pubblicato in Italia da Planet Manga, etichetta della Panini Comics, da marzo 2012 ad ottobre 2021, questo manga si è subito imposto come un vero e proprio fenomeno culturale, conquistando milioni di lettori in tutto il mondo, tra cui anche i sottoscritti, grazie alla sua ambientazione dark fantasy e post apocalittica, ma anche grazie ai suoi misteri e alle sue riflessioni a tratti sconvolgenti sulla natura dei rapporti umani, della guerra e della sopravvivenza.
La fine di un’avventura
Decidiamo di parlarvi solo ora de L’attacco dei giganti perché da poco (precisamente dal 28 ottobre), anche in Italia è giunto il discusso volume finale, il n.34, che ha posto fine a ben 12 anni di serie in Giappone (9 qui da noi).
Una lunga cavalcata, costellata, sin dall’inizio, da vendite clamorose e diverse vittorie e nomination nell’ambito di importanti premi culturali, giapponesi e non solo. Un successo planetario, insomma, che ha anche dato vita ad un anime di estremo successo e ad un discreto numero di light-novel, raccolte di racconti, spin-off e parodie.
Quando un fenomeno così longevo, amato, celebre e interessante termina, chi lo ha seguito con affetto sente sempre un certo senso di vuoto, come quando si è costretti a salutare un amico.
Già in molti hanno discusso approfonditamente di quest’opera, ma anche noi vogliamo provare a scandagliarla un po’, cercando di capire come e perché L’attacco dei giganti sia riuscito a tenerci incollati per tutti questi anni, anche a fronte di alcune sue innegabili pecche.
Questa non sarà propriamente una recensione, ma piuttosto una disamina con due intenti: consigliare questo manga a chi non l’avesse letto (motivo per cui non faremo spoiler) e possibilmente instillare una discussione con chi invece l’ha seguito, apprezzandolo o meno.
Ora però basta coi preamboli e andiamo…
Oltre le mura…
L’attacco dei giganti racconta di un mondo alternativo in cui l’umanità è stata apparentemente decimata dai giganti, esseri grotteschi, primitivi e dall’intelligenza limitata, alti in media fra i tre ed i quindici metri e mossi dall’istinto di attaccare e divorare gli esseri umani nonostante non si tratti della loro fonte di nutrimento.
Quello che sembra essere l’ultimo baluardo della specie vive rinchiuso in un complesso di tre possenti cinte murarie concentriche alte cinquanta metri, il Wall Maria, il Wall Rose ed il Wall Sina.
Inoltre, al fine di studiare e contrastare questi esseri, sono stati istituiti tre ordini militari: il Corpo di Guarnigione, che si occupa della difesa delle mura e delle città, il Corpo di Gendarmeria, al servizio del Re e che controlla l’ordine pubblico, ed infine l’Armata Ricognitiva, che, con enormi rischi e perdite, combatte i giganti al di fuori delle mura.
La storia narra di Eren Jaeger, coadiuvato dalla sorella adottiva Mikasa Ackermann e dall’amico d’infanzia Armin Arelet, e scandisce il suo inizio nell’anno 845, quando un gigante alto circa sessanta metri apre una breccia nel Wall Maria.
A qualche anno di distanza, dopo essere stati testimoni dell’orrore al quale sono sopravvissuti, i tre ragazzi decidono di arruolarsi nelle forze militari. Da qui in poi si dirama una fitta ragnatela di misteri riguardo la natura dei giganti e l’umanità stessa.
Nemici e amici, vittoriosi e vinti, alti e bassi
L’attacco dei giganti è riuscito ad esaltare milioni di lettori grazie ad un impianto narrativo che non cerca quasi mai di metterci a nostro agio.
Giocando abilmente e con serietà con il suo genere e target di riferimento, Isayama delinea un mondo condannato all’eterna ciclicità della lotta tra bene e male, i quali vengono rappresentati, come da tradizione filosofica orientale, non come forze separate, bensì come energie complementari e reciprocamente necessarie. Niente eroi senza macchia o villain senz’anima: nel mondo de L’attacco dei giganti, tutti o quasi sono capaci di atti di bontà o di malvagità, di volta in volta ispirati da emotività e prospettive intellettuali differenti.
Come nel nostro mondo.
Valori come amore, amicizia, coraggio e fedeltà ad una causa assumono diverse sfumature e pesi a seconda del punto di vista adottato da chi racconta, e il giudizio resta quasi sempre sospeso, perché il più delle volte è impossibile darne uno assolutamente totalizzante.
Come nel nostro mondo.
La solennità, la sgradevolezza e il pessimismo di certi momenti si converte in leggerezza, amabilità e ottimismo, e viceversa, creando così un turbinio volutamente alienante, ma che trasuda una grande ed umana realtà.
Il tutto comunque racchiuso in un’opera fantasy per ragazzi, zeppa di mostri giganti che mangiano le persone e che si picchiano tra loro e con gli acrobati kamikaze dell’Armata Ricognitiva.
Infatti non va dimenticato che stiamo pur sempre parlando di un battle shōnen carico di tutte le situazioni classiche del genere: combattimenti esaltanti, tattiche pazzesche, colpi di scena inaspettati, capovolgimenti di fronte continui e via discorrendo.
L’azione sa e vuole essere spettacolare, ma non scade mai nella spettacolarizzazione facile e vuota: l’autore ricorda sempre di infondervi un peso e un senso specifico, utili allo sviluppo dei personaggi e del worldbuilding. Costruendole con questo criterio, le scene di battaglia non si limitano mai ad intrattenere, bensì coinvolgono il lettore nelle sorti degli attori in campo, moltiplicando così esponenzialmente la propria potenza, anche a dispetto di una sintesi stilistica non eccelsa.
Insomma: come si racconta > cosa si racconta.
Sempre.
Conclusioni
Se non si fosse ancora capito, a colpirci più di tutto, nell’opera di Isayama, è stata la cura nella scrittura.
Infatti nonostante dei piccoli cali ed alcuni dubbi lasciati irrisolti, la narrazione si è sempre mantenuta su livelli altissimi, arco narrativo su arco narrativo, personaggio su personaggio.
Il disegno è stato croce e delizia per la fruizione ma anche qui vale la pena spendere due parole perché, con impegno e voglia di migliorarsi, Isayama ha preso quello che era inizialmente un limite tecnico e l’ha evoluto fino a trasformarlo in un’impronta stilistica, imparando col tempo a valorizzare le sue già solide capacità di panelling.
Ne L’attacco dei giganti non ci sono veri buoni e cattivi, c’è solo l’umanità nelle sue sfumature più oscure ma, al contempo, nei suoi incredibili pregi. Eren, attraverso la sua incredibile evoluzione e caratterizzazione, ci ha mostrato tutte le forze e le debolezze di chi è sì un prescelto ma, al contempo, è solo un ragazzo.
Una serie tanto ingegnosa quanto semplice, che ci racconta un mondo che sembra così lontano grazie agli elementi fantastici ed al mosaico di misteri ma, nella sostanza, è vicinissimo al nostro (giganti a parte, per il momento). Un viaggio incredibile, pregno di significati e riflessioni sull’animo umano, agrodolce dall’inizio alla fine e dal quale è davvero difficile congedarsi.
Ma, come tutti gli incredibili viaggi vissuti da lettori, anche L’attacco dei giganti si è concluso.
Non ci resta che dire: lunga vita a L’attacco dei giganti!