Amiche e amici del Capri Comics, oggi parliamo di animazione con Batman: Caped Crusader, serie animata che ricrea lo stile e le atmosfere della storica Batman: The Animated Series del 1992, che condensava il Batman fumettistico delle origini e quello riformato di Frank Miller con quello cinematografico di Tim Burton, sintetizzando così in uno dei migliori adattamenti (non solo animati) mai creati sull’uomo pipistrello (quando lo chiami così capisci che stai invecchiando). 

Coordinate generali

Batman: Caped Crusader è prodotta da Bad Robot Productions, 6th & Idaho Motion Picture Company, Warner Bros. Animation, DC Studios e Amazon MGM Studios, ed è disponibile su Prime Video con una prima stagione da 10 episodi che mi hanno appassionato, esaltato e inquietato, al pari della serie del 1992, che da bambino mi terrorizzava e mi attraeva in maniera inesorabile. Tale era il fascino verso quel cartone animato che a volte, mentre guardavo un episodio, mi capitava di chiudere gli occhi dallo spavento. Tuttavia non cambiavo canale o andavo via. Invece restavo lì, inquietato e con le mani a coprire gli occhi, e chiedevo ai miei fratelli di descrivermi cosa stesse succedendo sullo schermo. 

Batman: Caped Crusader mi ha restituito quella stessa inquietudine mista a curiosità, ma ha aggiunto anche alcune riflessioni adulte che la serie del 1992 sfiorava soltanto. Ovviamente, il tutto è dovuto in primis alla mano del veterano Bruce Timm, che ha praticamente fondato l’universo animato DC, ma è chiaro anche l’input, in veste di produttori, dei registi J.J Abrams e Matt Reeves (quest’ultimo regista e sceneggiatore dell’ultimo film The Batman). A completare la squadra creativa a capo del progetto, Ed Brubacker, scelto oltre che per il suo amore per la serie del ‘92 anche per la sua lunga carriera da sceneggiatore di fumetti (per capirci, ha vinto vari Eisner Awards ed è il co-creatore, insieme a Steve Epting, della maschera del Soldato d’Inverno nell’universo fumettistico Marvel). 

Insomma, questo revival dedicato al vendicatore mascherato di Gotham era blindato in mani sicure ed esperte, ed infatti, a parere di chi scrive, il risultato finale è una grande vittoria su cui potenzialmente costruire nel tempo un nuovo classico dell’animazione. 

Ispirazioni e novità

Tutta la serie è una sintesi calibratissima dei migliori aspetti conosciuti dell’universo di Batman. 

L’omaggio di base al Batman degli anni ‘40 immaginati dai creatori Bob Kane e Bill Finger (quest’ultimo colpevolmente riconosciuto come co-autore solo molti, molti anni dopo), è chiaro tanto nel look dell’eroe quanto nei toni noir, pulp e mystery, mentre l’impostazione del disegno, dell’animazione, della regia e della musica reincarnano nel nuovo millennio il meglio di Batman: The Animated Series, che a suo tempo forgiò un immaginario fortissimo. 

Ma il punto davvero forte e innovativo è rappresentato dalla narrazione della nuova serie e dall’approfondimento dei suoi personaggi. La scrittura è infatti classica e lineare, ed eppure rinfrescante e moderna, a tratti perturbante anche per un adulto, figuriamoci per un ragazzino. Non è infatti, secondo me, una serie indirizzata principalmente ai ragazzini, come lo era invece quella del ‘92, che pure non disdegnava di inserire momenti abbastanza scioccanti, uno su tutti questo:

Trauma infantile con Batman

Ogni episodio si focalizza su un villain storico e sul suo rapporto di confronto e scontro con un Batman che ha da poco intrapreso la sua lotta in una Gotham che annega nel crimine organizzato e nella corruzione. Attraverso tutti gli episodi, più o meno auto conclusivi, corre la sotto-trama tragica di Harvey Dent, procuratore distrettuale ambizioso ma disturbato, che vuole diventare sindaco a tutti i costi, anche sporcandosi le mani, se ciò significa prendere il potere e poi imporre la propria morale “salvifica”. 

Alla base delle interazioni tra buoni e cattivi c’è una delle domande cardine della drammaturgia del cavaliere oscuro: quanto è spessa la linea di separazione tra Batman e il suo circolo di nemici? La risposta varia a seconda dell’autore che si cimenta col personaggio, e in questo caso specifico è: molto sottile. 

Batman stesso non vede altra soluzione alla malattia cronica di Gotham se non l’imposizione della propria morale, frutto di una ferita mai sanata: una terapia shock, fatta di violenza, sopraffazione e distaccamento emotivo. 

La serie si concentra molto sulla psicologia dei vari caratteri, sviscerandone le fragilità e i traumi e mettendo a confronto le rispettive idee di bene e di male. I buoni per primi intrattengono svariati conflitti tra loro, prima ancora che coi cattivi: il modus operandi di Batman non viene accettato da Gordon o Barbara, ma anche questi ultimi non condividono la stessa concezione di giustizia, anzi, ne discutono a più riprese. Barbara promuove la rieducazione; Gordon la punizione.  

La riflessione sociale è molto presente e attraversa tutti gli episodi, aprendo così a varie interpretazioni e analisi. 

Anche i cattivi vengono analizzati nei loro turbamenti e nelle proprie prospettive intellettuali: ad esempio Due Facce, Harley Queen, Clayface o addirittura Firebug, vengono inquadrati come anime in pena, sofferenti, vendicative, spinte oltre l’orlo della follia e dell’orrore da una società largamente spietata, meschina e fredda. 

Tutto questo si esprime tramite una regia attenta ed espressiva, dialoghi affilati e slang che trasportano subito negli anni ‘40, delle interpretazioni profonde e una colonna sonora epica ad opera di Frederik Wiedmann. L’animazione e i disegni funzionano ma qua e là traspaiono alcuni limiti (non fastidiosi) dati forse da mancanze di budget e da scelte digitali che poco si sposano con l’impostazione pittorica art déco degli sfondi. 

Impossibile non aprire una breve parentesi su Hamish Linklater che presta la voce a Bruce Wayne e Batman. Purtroppo per lui e per chiunque affronterà questo ruolo fino alla fine del sole, il compianto Kevin Conroy sarà per sempre LA voce del personaggio: sinuosa e confortante come Bruce, minacciosa e angosciante come Batman. Linklater vi si avvicina ma non cerca l’imitazione. Si concentra invece sul restituire l’aspetto freddo, distaccato, robotico  e innaturale di Batman, e ci riesce, colorandolo con alcuni inaspettati sprazzi di umanità. 

In conclusione: Batman: Caped Crusader è da recuperare e da seguire con attenzione anche nelle prossime stagioni. È infatti l’opera ideale per scoprire o riscoprire una passione per le storie del cavaliere oscuro. 

Extra: spoiler

La progressione degli episodi merita una rapida analisi, ricca di spoiler, a cui potrete tornare, se volete, dopo esservi goduti la serie. 

Dunque…


“In acque pericolose”

Inizio forte e suggestivo, che ci catapulta subito nelle ombre lugubri e tetre di una città sull’orlo del collasso. L’introduzione di Batman è potente e le carte sono subito chiare: qui non si scherza. Il Pinguino donna, alto 1 metro e 80, farà storcere il naso… ma cazzo… che paura che mette. 

“…e sii un cattivo”

Qui vanno in scena Clayface e la sua disperazione esistenziale, tramutatasi in follia omicida. La narrazione oscilla tra un melodramma anni ‘40, un thriller di Hitchcock e un classico del terrore della Universal. Triste, penoso, spietato, disturbante, ideale per rappresentare l’aspetto pulp di Batman.

“Il bacio di Catwoman”

Episodio focalizzato su due direttive molto interessanti: da una parte gli exploit ladreschi di Selina Keyle, che riesce spesso (ma non fino alla fine) a farla franca in virtù della propria posizione alto-borghese, con toni umoristici e di critica sociale; dall’altro il percorso psicologico di Bruce Wayne che inizia a comprendere il proprio trauma grazie a delle sessioni di terapia con la dottoressa Quinzel. La scena in flashback col giovane Bruce, sconvolto dall’omicidio dei suoi, che giura vendetta contro il crimine di fronte ad un Alfred sgomento è per me la scena principe della serie, insieme a quella finale dell’ultimo episodio. 

“La notte dei cacciatori”

In questo episodio, gli autori esprimono al meglio la corruzione e la spietatezza che infestano e corrodono Gotham. Nel tentativo di catturare Batman, un villain di secondo ordine, Firebug, pericoloso ma malato, viene tristemente sacrificato da due cosiddetti rappresentanti dell’ordine, in una scena davvero potente e scioccante. 

“I pazienti di Harley Quinn”

Forse l’episodio più sconvolgente. Harley Quinn rapisce e fa il lavaggio del cervello a ricchi imprenditori, torturandoli psicologicamente fino a costringerli a donare tutti i propri avere ai più sfortunati. Vedere un gruppo di meschini miliardari ridotti a gusci vuoti, umiliati e manovrati tramite i propri bisogni primari, genera una dissonanza disturbante e un certo perverso senso di soddisfazione nel vedere punite avidità e arrivismo. 

“Cavalcata notturna”

Storia di fantasmi che prende di petto le ingiustizie insite nella società di Gotham ma soprattutto il rapporto tra Bruce, Batman e Alfted, in bilico tra facilitazione e istigazione, tra senso di colpa e affetto inespresso.  

“Bersaglio in movimento”

Jim Gordon ha un bersaglio sulla schiena e l’episodio è una corsa contro il tempo per proteggerlo. Tra inseguimenti, scazzottate, assedi e tradimenti, la storia trova il tempo e il modo di indagare sul legame affettivo e professionale tra Barbara e Jim, ovvero tra una figlia e un padre uniti da una forte moralità, ma separati da una diversa interpretazione della stessa giustizia. 

“Notturna”

Altalena di emozioni, dalla paura alla tristezza, dalla rabbia alla compassione. Questo episodio porta in scena tutti i potenziali Robin delle prossime stagioni (citando quelli del passato). La cattiva che si ciba della loro vitalità sembra essere un mostro spietato, ma nel finale Batman si connette al suo dolore e ne ha pietà, palesando una calda umanità fin a quel momento nascosta dietro un muro gelido. 

“L’assassino dentro di me”

Il mio episodio preferito, che segue la discesa all’inferno di un uomo avvelenato dai propri errori e dal proprio desiderio di vendetta, che vede tutti i propri sogni e ambizioni sciogliersi come un fiore nell’acido. Due Facce è un villain straordinario e questa rappresentazione ne è la prova, anche grazie ad una fantastica interpretazione di Diedrich Bader. 

“Notte selvaggia”

Unendo questo episodio al precedente e aggiungendo qualche scena di raccordo e approfondimento, si potrebbe ottenere un fantastico mediometraggio animato stand alone. Il ritmo è quello da finale di stagione: adrenalinico, tragico, risolutivo di alcuni aspetti ma anche aperto a nuove suggestioni da sviluppare in seguito. La morte di Dent rappresenta il fallimento di Batman, e l’episodio sembra chiudersi su una nota disperata. Invece, la determinazione a non arrendersi del cavaliere oscuro, l’apertura emotiva verso Alfred, l’intimidazione a Thorne con citazione alla serie de ‘92 e l’introduzione di Joker, tutte insieme disegnano un ponte a dir poco esaltante verso una nuova stagione.

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Classe ‘92. Laureato in/appassionato di: lingue, letterature e culture straniere. Giornalista pubblicista, divoratore di storie, scribacchino di pensieri propri e traduttore di idee altrui.

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