Un videogioco, un simulatore, un buco nero fine a se stesso che assorbirà il vostro tempo e salute mentale? Non saprei dirlo, ma sono certo che se questo articolo vi farà venire la curiosità e vi appassionerete a questa mostruosa creazione mi odierete a vita.
Due programmatori, venti anni di sviluppo
Dwarf Fortress, probabilmente molti di voi non ne hanno mai sentito parlare, forse non è nemmeno possibile definirlo un videogame. È una rigorosa simulazione di un mondo, dalla crescita di un arbusto fino all’erosione centenaria di una roccia, dove si dipana l’avventura della vostra colonia di nani, fra organizzazione logistica, imprevisti, avventure alla ricerca di artefatti, mostri secolari che verranno risvegliati se scaverete con troppa avidità (qualcuno ha detto Moria?) in cui dovrete contemporaneamente tenere a bada le necessità dei vostri nani, che cercherete di guidare, ma non di meno agiranno di loro volontà perché dotati ciascuno di una personalità dettagliata generata dall’IA. E quando parlo di necessità mi riferisco alla loro sete di birra e di avventura, fino ai piccoli malanni come un mignolo fratturato dopo un banale incidente in fonderia.
Dettagli maniacali della simulazione dei due game designer i fratelli Tarn e Zach Adams, che dal 2002, anno dell’inizio dello sviluppo hanno aggiunto una serie incredibile di variabili, in un gioco senza un obiettivo se non quello di fare prosperare più a lungo possibile la vostra fortezza. Un dettaglio importante: il gioco non aveva una interfaccia grafica, era completamente realizzato in ASCII, nessun supporto al mouse, centinaia di hotkey e combinazioni da ricordare. Uno sviluppo lunghissimo e ancora in divenire, che si è basato solo sulle donazioni della fanbase e sulla passione di questi due geniali nerdacchioni. Lo screenshot qua sotto probabilmente al 99,9 percento di voi non dà nessuna informazione utile, ma lo zoccolo duro della fanbase del gioco riesce a capire ogni lettera ed ogni segnetto a cosa corrisponde. Qui sotto ecco il vostro gruppetto di nani, il loro carretto, alcuni animali da fattoria, utensili, alberi. Chiarissimo no?
L’arrivo su Steam
Ed ecco che nel 2022 dopo alcuni anni di sviluppo il gioco subisce la sua mutazione più profonda per avvicinarlo al grande pubblico con la Steam Edition. Viene implementata una grafica in pixel art (negli anni precedenti era possibile ottenerla in via molto rudimentale attraverso una delle tantissime mod), ed un’interfaccia basata non solo sulle hotkey ma anche su click e icone. E tutto diventa più chiaro. Ma non illudetevi, la catastrofe è sempre dietro l’angolo.
Adesso abbiamo la grafica ma abbiamo tanti problemi da risolvere. Progettare, produrre, tenere alto il morale, difendersi da ciò che tenta di ucciderci, praticamente tutto, da una banale intossicazione alimentare ai mostri degli abissi di roccia. Costruirete la vostra fortezza, dipanata su decine di livelli, i vostri laboratori produrranno utensili, artefatti, sculture, i vostri soldati combatteranno, gli artisti e i poeti creeranno quadri e poesie (tutto generato proceduralmente e descritto testualmente nei minimi dettagli), e poi magari una picconata data in un posto sbagliato sommergerà d’acqua la vostra fortezza. Perché con la dinamica dei fluidi non si scherza, con i goblin ci si può anche rilassare, ma un terreno particolarmente permeabile può mandare alle ortiche centinaia di ore di gioco, in cui, vi assicuro vi affezionerete ai vostri nani, e imparerete a conoscerne pregi e difetti. Per non parlare degli animali, anche loro dotati di una personalità complessa e dettagliata.
Gameplay e narrazione emergente
E la scommessa dei fratelli Adams è stata vinta, perché in una settimana il gioco ha venduto quanto loro si aspettavano di vendere in tutto il ciclo vitale del prodotto. Ed il grande successo ha portato ad un inevitabile allargamento del team di sviluppo che si è raddoppiato: da due persone a quattro. Incredibile vero?
Quello che vi appassionerà non sarà certo la corsa alla schermata “HAI VINTO”, che non arriverà mai, ma la storia della vostra colonia, che sarà una piccola parentesi della storia del mondo in cui è contenuta, i suoi eroi, i suoi villain e la sua gente comune, che la simulazione ha preparato nei minimi dettagli da prima del momento in cui scaverete il primo tunnel, e che se volete continuerà a scrivere anche quando per la vostra fortezza tutto andrà a finire “à là Miniere di Moria”.
L’unico modo per iniziare a capire a fondo cosa ci troviamo davanti è comprare il gioco su Steam, magari prima documentandosi un po’ sul web dove si trova materiale in abbondanza, fra gameplay, tutorial e centinaia di pagine di fiction dove gli utenti raccontano in maniera epica le loro fortune e disgrazie o provare la versione classica se siete molto motivati o masochisti. Un’altra opzione per avvicinarsi a questi simulatori di sconfitta è quello di provare alcuni giochi che hanno tratto ispirazione da questo capostipite, ma nella loro complessità non hanno mai dimenticato di essere principalmente un videogame, come ad esempio Rimworld, colony manager ambientato su pianeti alieni, che nella sua complessità al confronto di Dwarf Fortress può definirsi un Candy Crush qualunque. Chi vi scrive comunque ci ha giocato per esattamente 138 ore, come Steam mi ricorda in un misto di fierezza e di vergogna, nei soli mesi di novembre e dicembre 2022.
Tornando alla mia fortezza di nani, adesso scusatemi, devo andare a verificare le condizioni del mignolo del mio artigiano preferito, prima che la sua personalità instabile generi una megarissa in taverna, che qua abbiamo da lavorare. Ed ancora devo riprendermi dalla disfatta della mia precedente fortezza, dove ho scoperto che giocare con la lava per creare un pozzo dove gettare i miei prigionieri richiede almeno un master in geologia.
About the author
Nato un annetto prima di Space Invaders, appassionato di PC Gaming, simpaticamente ostile alle console. Giornalista pubblicista, laureato in Lingue e Civiltà Orientali. Ha letto tre fumetti al massimo in vita sua, ma è quasi sicuro che gli Avengers siano della Marvel.