Buon anno a tutti e bentrovati a Nerd’s Kitchen! Sono lieta di potervi accogliere in una delle giornate più magiche dell’anno: l’Epifania.
Avete appeso ieri notte la calza al camino o ai piedi del letto? E l’avete trovata questa mattina carica di dolciumi o di carbone? Insomma, è venuta a trovarvi la vecchina “con le scarpe tutte rotte e il vestito alla romana”?
Qui da me è arrivata, come ogni anno da quando sono bambina. A casa mia la Befana è davvero un’ospite d’onore, più di quanto lo sia Babbo Natale, e mamma mi ha sempre spiegato il perché: “Quando eravamo piccoli noi Babbo Natale non esisteva, la Befana invece sì, esiste da sempre”. Ed è davvero così. Questa figura femminile è infatti profondamente radicata nella tradizione folkloristica italiana e sopravvive da molto, molto prima di quanto si potrebbe immaginare. Vi basti pensare che è citata da molti noti poeti della nostra letteratura, da Pascoli a D’Annunzio, da Gozzano a Rodari, addirittura Giacomo Leopardi, scrive una lettera il sei gennaio del 1810, all’età di undici anni, fingendosi la Befana.
Negli anni mi sono chiesta spesso come mai un’anziana vecchina vestita di stracci si prendesse la briga di consegnare doni e dolciumi ai bambini di tutto il paese, a cavallo di una scopa poi! E perché non usasse invece la sua magia per tenersi al caldo, chissà che freddo in quei cieli. Mi sono chiesta anche come mai per accogliere i suoi doni mettiamo in bella mostra proprio una calza. E soprattutto… la Befana è buona? No perché lo confesso, a me incute un po’ di timore, soprattutto all’idea che mi trovi sveglia quando arriva e mi dia una bella scopettata sulla testa!
La mia curiosità mi ha spinto a pormi queste domande e molte altre: la meravigliosa storia a cui sono approdata, quella di Bifana, è ancestrale, romantica, fiabesca, bellissima. E resiste attraverso i secoli come la migliore letteratura popolare.
“La Befana vien di notte con le scarpe tutte rotte con la gerla sulle spalle e le calze rosse e gialle, con le toppe alla sottana: Viva, viva la Befana!”
Ecco ritratta in una filastrocca la Befana come tutti la immaginiamo: una vecchina vestita di stracci, dal naso adunco, foruncoloso, con uno scialle sulla testa e la schiena curva per il peso del sacco di dolci con cui carica la sua scopa magica.
Ma dove nasce questa figura? È sempre stata così come la conosciamo oggi?
Ella è in realtà il risultato di un mix di tradizioni, costumi e usanze popolari, di riti antichi e di cerimonie pagane che si sono accumulati sin dalla notte dei tempi.
Come mai la Befana arriva il 6 gennaio? E cos’è l’Epifania?
Il termine epifania deriva dal greco e significa letteralmente “manifestazione, presenza divina, apparizione”. La figura della Befana ha origine da riti propiziatori per la fertilità diffusi fra le popolazioni mediterranee già nel neolitico. La notte tra il 5 e il 6 gennaio si celebrava infatti la morte e la rinascita della natura, attraverso il sacrificio di Madre Natura stessa, raffigurata in modo decrepito e senile a rappresentare l’anno trascorso. Stanca per aver elargito tutte le sue energie è pronta a sacrificarsi per lasciare il posto alla sua giovane e feconda erede, dispensatrice di buoni raccolti. Per questo in molti Paesi dell’Europa era diffusa l’usanza di bruciare all’inizio dell’anno fantocci di cartapesta o di paglia, ricoperti da vestiti cenciosi e logori.
Il fuoco e il rumore oltre a scacciare le presenze maligne evocano la luce solare di cui si inizia a percepire il ritorno dopo il solstizio d’inverno. Questa tradizione agraria pagana era condivisa in tutto il Mediterraneo, dall’Africa alla Persia all’Italia, ma anche dalle culture celtiche nordeuropee, dalla Normandia in su e fu fatta propria anche dai Romani. La credenza voleva che il 6 gennaio, 12 notti dopo la celebrazione del Sol Invictus il 25 dicembre, (vi dice qualcosa questa data?), delle ninfe volassero sui campi benedicendo il raccolto. Queste entità benefattrici erano spesso associate alla dea Diana, protettrice non solo della caccia ma anche dei cicli lunari e delle coltivazioni.
Con la diffusione del cristianesimo nell’Alto Medioevo ci si rese conto che estirpare tali credenze contadine dalle campagne era praticamente impossibile e così la Chiesa Cattolica decise di appropriarsene trovando il modo di inserirla tra i propri culti. L’epifania pagana venne così a coincidere con quella cristiana: la manifestazione della divinità del Cristo.
La nuova leggenda, nata ad hoc, narra che una notte di viaggio i tre Re Magi, in cammino verso la grotta di Betlemme, perduta la strada, bussarono alla porta di un’anziana signora per chiedere informazioni: ella gliele diede gentilmente e così loro le proposero di unirsi a loro per rendere omaggio al figlio di Dio. La donna rifiutò ma pentitasi molto presto della sua scelta, uscì in strada portando con sé un sacco carico di dolci e regalandoli a tutti i bambini. Sperava in cuor suo che uno di loro fosse proprio Gesù.
Ecco che da giovane e bella ninfa la Befana ritorna una vecchia dalle fattezze grottesche: anche se buona resta pur sempre una strega e la bellezza non era destinata a una figura poco chiara come lei. Per dissociarla ancora dalla magia nera, nonostante voli su una scopa come le comuni fattucchiere, Bifana la cavalca al contrario: tenendo le remaglie di saggina davanti a lei.
Ancora oggi la vecchina, per fare ammenda, vaga per la terra offrendo leccornie ai più piccoli, che la aspettano. E lo fanno lasciando in giro calze e calzini come segno di ringraziamento: potrebbe averne bisogno nel caso in cui, nel corso della lunga peregrinazione, le sue calzature si dovessero consumare. E se nella vostra calza trovate del carbone? Tranquilli, è di buon augurio, è un retaggio degli antichi roghi propiziatori del nuovo anno, di cui si raccoglievano e interpretavano le ceneri.
Ora ho capito l’importanza di lasciare alla Befana qualcosa con cui rifocillarsi e oltre alle calze ho lasciato una bella fetta di Pinza dell’Epifania, il dolce che ho scelto per voi. Ho cercato a lungo una ricetta nazionale legata a questa festività, ma ho dovuto concludere che non esiste. Ogni regione ha il suo modo di celebrare l’epifania a tavola: in Piemonte ad esempio, realizzano una focaccia molto simile alle preparazioni degli altri paesi europei nate per onorare i re Magi, come la Galette des Rois francese e il Roscon de Reyes spagnolo. Dolci lievitati all’interno dei quali si inseriva un piccolo oggetto (una fava o una moneta) che decretava la fortuna di chi lo avesse trovato.
Ma la tradizione italiana della Befana è molto più antica e pagana di quella dei Magi, risalendo addirittura al X secolo a.c., come abbiamo visto. Dal ramo più autentico di questa storia deriva il rituale veneto del “Brusa la vecia” brucia la vecchia: a gennaio, in tutta la regione, venivano alzati roghi per bruciare l’anno vecchio e dare il benvenuto al nuovo. Questi falò erano chiamati Pan-e-vin perché davanti al fuoco si usava ristorarsi con vino caldo speziato e pinza, un dolce “povero” della tradizione contadina fatto con pane raffermo e ingredienti di riciclo. In compagnia e davanti al fuoco si osservava il movimento delle faville sperando di cogliere buoni auspici per la successiva stagione e il successivo raccolto.
Come sarà il nuovo anno? Intanto prepariamo la pinza così da partire certamente col piede giusto: non solo è un dolce di riciclo che ci permetterà di non sprecare molti avanzi delle feste, è anche incredibilmente buona!
PINZA,
Ricetta delle Campagne
- 500 g di prodotti da forno da riciclare (pane raffermo, brioche, panettone, biscotti e cereali vecchi)
- 500 ml di latte (vaccino o vegetale)
- 150 g tra frutta secca e candita (noci, datteri, fichi secchi, ecc.)
- 1 mela
- 1 bustina di lievito per dolci
- Aromi e spezie a piacere (bucce di agrumi, vaniglia, cannella)
- Opzionali, 50 g di farina di mais, zucchero a velo
- Sbriciolare i prodotti da forno scelti.
- Intiepidire il latte e versarlo sulle briciole, mescolare per far assorbire bene.
- Lasciar riposare il composto per 3-4 ore quindi, se troppo liquido aggiungere la farina di mais, il composto dovrà risultare come quello in foto.
- Unire la frutta secca tritata, la mela a dadini, gli aromi e il lievito, mescolare bene.
- Versare l’impasto in una tortiera oliata e infarinata, a piacere decorare la superficie con frutta secca o fresca, e infornare in forno caldo a 180° per circa 30 minuti.
- Lasciar raffreddare e a piacere cospargere con zucchero a velo.
E ora, mentre mi ristoro con una fetta di Pinza e gusto un pezzettone di cioccolato che si fonde col caffè (sì, potete aggiungere anche tutta la cioccolata avanzata dalla calza), ricevo la prima visione sull’anno nuovo: ci vedremo presto con una nuova ricetta fantastica!
About the author
Mariapia Ricci
Mescolo ingredienti come fossero pozioni e scrivo ricette con il pathos di poesie. Non ho ancora capito se mi piace più la letteratura o la cucina.