Amiche e amici del Capri Comics, ritorna su questi schermi Nic(h)e Games con un ritorno alle origini, infatti dopo aver parlato di Omori e di Ib, mi sembra il minimo dare anche spazio al gioco che ha ispirato i due titoli.
Oggi infatti vorrei raccontarvi di questo “esperimento” che è Yume Nikki, traducibile dal giapponese in “Diario dei sogni”, un’opera sviluppata da uno sconosciutissimo Kikiyama tramite il toolpack di RPG Maker. Un vero e proprio cult nel mondo videoludico nel settore degli horror psicologici, di ispirazione per altre grandi opere indie come Undertale e, appunto, Omori.
Yume Nikki venne sviluppato nel 2004 e pubblicato, incredibile ma vero, tramite il copia ed incolla su piattaforme di condivisione del link per il download. Ancora oggi il gioco è disponibile gratuitamente, anche tramite la piattaforma di Steam o dal link ufficiale.
Devo però partire con un trigger warning: il titolo tratta di temi molto crudi e che potrebbero non essere adatti a tutti. Parliamo di violenza sessuale, suicidio ed autoisolamento. Vi invito quindi a procedere con la lettura solo se ne siete certi al 100%.
Detto questo, vediamo cosa ha reso Yume Nikki uno degli horror psicologici più amati di sempre!
Il non-gioco
Madotsuki è una ragazza probabilmente in età adolescenziale che abita un appartamento in un’alta palazzina. Della sua abitazione possiamo vedere solo un balconcino e la sua camera, in cui troviamo un televisore collegato ad una console da gioco, una scrivania sulla quale Madotsuki compilerà il suo Yume Nikki (alias dove salveremo il gioco), un tappeto con degli strani simboli, una libreria e il letto.
Il segreto di questa stanza sta nel letto, nel quale potremo far addormentare Madotsuki che si risveglierà nel mondo dei sogni. Questo mondo onirico rappresenta il subconscio della ragazza che sarà accessibile a lei (e a noi) tramite delle porte.
I mondi riflettono la visione corrotta della realtà agli occhi di Madotsuki: non hanno confini e si ripetono potenzialmente all’infinito. Spesso inoltre sono popolati da creature che rispecchiano il contesto del luogo che abitano, e che spesso quindi sono altrettanto corrotte ed illogiche. Nella maggior parte dei casi queste ci ignoreranno e non risponderanno nemmeno ai nostri tentativi di comunicare, dando l’impressione di essere solo parte dell’arredamento del mondo.
Nella sua forma embrionale, Yume Nikki era un non-gioco. Infatti questo titolo, di ludico, non aveva nulla. Non era che un pretesto per raccontare i sogni di Madotsuki tramite lunghe sessioni esplorative. Successivamente, poi, venne implementato forse l’unico elemento da videogame: collezionare tutti gli “Effetti”, elementi di gioco che permettono a Madotsuki di modificare il suo aspetto e di ottenere alcuni particolari poteri, come far piovere grazie all’ombrello o illuminare zone buie quando la ragazza tramuta la propria testa in una lampada. Ma comunque non abbiamo mostri da uccidere, punti da guadagnare o nemici che possono farci del male.
Yume Nikki segue un canone videoludico che si discosta dalla classica visione di gioco, facendo primeggiare il lato narrativo più che quello ludico. Un concetto che è molto comune nel panorama nipponico, dove le Visual novel sono uno dei generi più apprezzati, ma solo recentemente importati qui in occidente. E diversamente da esse qui non siamo noi a controllare la storia, siamo solo dei meri lettori. In Yume Nikki non si gioca ma si esplora, e nel mentre si pensa, si indaga, si studia e si interpreta cosa lo sviluppatore voleva trasmettere. E pazienza se, alla fine, non abbiamo salvato alcuna principessa o sconfitto alcun mago malvagio.
Yume Nikki non è un gioco, è un trattato di psicologia mascherato da gioco, e i fan lo amano proprio per questo motivo.
Interpretare Yume Nikki: il web ci prova da vent’anni
Abbiamo detto che il gioco si concentra maggiormente nella narrazione piuttosto che sul gameplay vero e proprio. Anche se “narrazione” non è proprio il termine più adatto.
Durante il gameplay non ci sarà alcun dialogo. Nessun box di testo che prova a dare un ordine alle informazioni. Nessuna descrizione. Nulla. L’unico modo per intuire la storia di Yume Nikki è che il giocatore presti attenzione ad ogni immagine, ogni percorso, ogni evento ed ogni effetto perché questi saranno i puntini che dovrà infine unire per decifrare l’intera vicenda. E questi puntini difficilmente daranno un’immagine unica ed universale.
Oggi siamo più abituati a giochi la cui trama non è immediatamente svelata al giocatore. Basti pensare ai Souls, la cui lore è nascosta e si mostra solo a coloro che hanno la pazienza di cercarla. Ma mentre con questi ultimi la trama diventa lineare e lascia pochi elementi all’interpretazione personale, in Yume Nikki non esiste una interpretazione univoca di ciò che stiamo vivendo. Dopo vent’anni dalla pubblicazione del titolo ritroviamo video analisi e post di Reddit in cui si discute della propria idea in merito. C’è chi si chiede se Madotsuki sia davvero sveglia o se tutto il gioco è un sogno, c’è chi prova a dare un senso ai sogni citando Jung e c’è chi sostiene persino che Madotsuki si sia rinchiusa per sfuggire ad un virus…
Yume Nikki non è un gioco: è un test di Rorschach mascherato da gioco.
Nightmare fuel: il mondo dei sogni di Madotsuki
Ma questi mondi, alla fine, come sono fatti? Cosa c’è di spaventoso in loro? Sarò ripetitivo, ma anche questo è difficile da descrivere.
Il sogno è un’attività psichica che porta le persone a vivere esperienze immaginarie durante il sonno. La maggior parte dei sogni viene presto dimenticata al risveglio, ma in quel minuscolo frangente di ricordo che ci resta possiamo evidenziare alcuni tratti comuni. Mani deformi, il proprio riflesso assente, edifici dalle forme innaturali e tanti altri elementi sono tipici del mondo onirico di ognuno.
E i mondi di Madotsuki non sono dissimili da queste regole. Inoltre la protagonista è, probabilmente, una oniromante: è in grado cioè di provocare automaticamente dei sogni lucidi, dai quali infatti potrà svegliarsi di sua volontà.
Come già detto, i primi mondi rappresentano lo strato più esterno della mente della ragazza. Alcuni mondi ci mostrano una trasposizione onirica di panorami reali, come lo Snow World o il Forest World. Altri sono completamente bui come il Puddle World o il Dark World. Altri ancora sono indescrivibili e il giocatore può interpretarli come vuole. Ad esempio il Neon World per me rappresenta Tokyo vista di notte, con le molte insegne luminose e folle di persone che camminano per i vari locali.
Elemento ricorrente in quasi ogni mondo di Yume Nikki è la presenza di parti del corpo umano: talvolta sono mutilate, altre volte invece fanno parte dello sfondo. Spesso si tratta di inquietanti occhi, che osservano da lontano il nostro operato, e talvolta anche le creature che incontreremo avranno parti umane deformate o in punti sbagliati. Madotsuki, insomma, ha una visione distorta anche del corpo umano e la sua immaginazione dà vita a creature davvero raccapriccianti.
Kikiyama usa molto anche l’arte mesoamericana, come la scimmia azteca o i totem. Questi strizzano l’occhio al tappeto di Madotsuki, anch’esso con motivi simili, ma credo che la scelta sia stilistica: a mio parere forse si voleva stimolare un senso di inquietudine unendo un’arte abbastanza particolare ed antica con elementi moderni, sfiorando la sfera del perturbante.
Yume Nikki non è un gioco: è un’opera di arte macabra e surreale.
Le mie teorie ed interpretazioni
Appena giocato il titolo, mi ero presto deciso a scrivere tutto ciò che avevo visto, evitando in alcun modo contaminazioni esterne. Ho praticamente scritto il mio personale “Yume Nikki”, raccogliendo tutto quello che la ragazza mi mostrava. In un certo senso, io e tutti gli altri giocatori siamo diventati gli analisti della giovane, che non può che raccontarci tutto tramite questa macabra modalità.
Madotsuki è una ragazza piena di traumi e complessi, che si trova da sola ad affrontare la società giapponese, estremamente maschilista e pretenziosa. Probabilmente ha perduto le uniche figure a lei vicine, ossia i genitori, in un incidente, nel quale lei ha visto i corpi smembrati dei genitori. Ecco quindi la fissazione per i corpi mutilati nei suoi incubi, nonché il motivo per cui nel mondo onirico è presente un incidente d’auto.
La sua visione corrotta si è tramutata in misoginia: lei odia le donne ma al contempo le invidia perché riescono a rispettare quei canoni che per lei sono così alieni e irraggiungibili. Questo è il motivo per cui le uniche figure ostili nel gioco saranno proprio donne, che intrappoleranno Madotsuki in spazi liminali da cui si può uscire solo svegliandosi dal sogno.
Una ragazza così traumatizzata e debole è inoltre spesso preda di bullismo. L’ultimo trauma che subirà sarà infatti una violenza sessuale, ad opera di uno o più uomini. E la colpa sarà della sua unica amica, Poniko. Ella appare nel mondo dei sogni come una ragazza bionda che abita una bella stanzetta nel Pink River World. Ma lei nasconde un alterego, Uboa, un essere monocromatico il cui volto è un volto metà sorridente e metà triste. La mia interpretazione è che Poniko non abbia difeso l’amica dalla violenza e anzi si è unita ai bulli, temendo di subire le stesse angherie. Da ciò lo sguardo felice, per ingannare i bulli, e triste, per il rimorso del suo tradimento. Tutto ciò lo dimostra la dimensione in cui Uboa intrappola Madotsuki, composta da un fiume bianco, con una figura maschile in background che, con sguardo languido, stringerà con le sue molte mani quelle che sembrano seni femminili.
Madotsuki non riesce a superare questi traumi e decide di isolarsi dal mondo. Ormai senza più nessuno ad accudirla, lei passa tutto il suo tempo nella stanza, a dormire e giocare, guardando con ribrezzo e terrore quella porta che conduce nel mondo fuori. Un mondo imperfetto e malvagio che non la desidera. Meglio invece quel mondo onirico che la terrorizza e affascina, ma che almeno le tiene compagnia e non la giudica.
Ma è davvero questa la soluzione? E se invece anche quel mondo la cacciasse? Se in realtà la solitudine di Madotsuki non potesse guarire, cosa rimarrebbe alla ragazza per sentirsi meglio?
Yume Nikki non è un gioco: è una richiesta d’aiuto, e solo noi giocatori l’abbiamo ascoltata. Ma ormai è troppo tardi.
About the author
Classe '96. Laurea in Economia Aziendale (non proprio correlata). Appassionato di anime e di ogni prodotto che abbia anche solo un minimo di roleplay. Dungeon Master a tempo perso. Avido videogiocatore e lettore. Particolarmente attratto da libri e giochi sconosciuti.