Amiche e amici del Capri Comics, oggi recensiamo e vi consigliamo Niente di nuovo sul fronte di Rebibbia di Zerocalcare.

Pubblicata da BAO Publishing a fine 2021, quest’opera raccoglie quattro reportage a fumetti già apparsi su Internazionale e L’Espresso, più un racconto inedito realizzato appositamente per l’occasione. Nelle prime quattro storie, Zero affronta diversi argomenti di scottante attualità, mentre l’inedito è incentrato sulla lavorazione di Strappare lungo i bordi, la sua serie animata targata Netflix, di cui abbiamo parlato anche noi, qui.

Andiamo perciò ad esaminare una per una queste cinque storie, che prendono forma e vita grazie al tipico stile cartoonesco e alla consueta ironia dissacrante dell’autore.

Lontano dagli occhi lontano dal cuore

In questo primo racconto della raccolta, pubblicato originariamente nel dicembre 2020 su Internazionale, l’autore riflette sulla condizione delle carceri italiane allo scoppio della pandemia da Covid-19. Una crisi nella crisi, insomma, che non solo scoperchiò l’annosa e mai davvero risolta inadeguatezza del nostro sistema carcerario, ma che portò anche alle rivolte dei detenuti in vari istituti penitenziari, tra cui quello di Rebibbia.

Le carceri, e per estensione anche i quartieri in cui esse sorgono, come Rebibbia o Poggiorelae, sono comunemente associate alla violenza e alla sopraffazione, ma il carcere non è solo questo, e quindi, ovviamente, non lo sono nemmeno i quartieri che li ospitano. Il discorso è molto più ampio e complesso, e infatti, in questo suo reportage, Zerocalcare punta il faro su altri aspetti, meno clamorosi e quindi meno approfonditi.

Il fumettista romano ci racconta appunto dell’umanità e della solidarietà insite nella comunità dei detenuti, ragiona sulla possibilità di applicare pene basate di più sull’aspetto rieducativo e meno su quello punitivo, ma soprattuto spiega i motivi posti alla base delle rivolte, spesso e volentieri raccontate in maniera parziale e capziosa dai media, dalle istituzioni e dalle forze politiche. Raccogliendo le istanze di coloro che vivono o hanno vissuto da vicino le falle del sistema carcerario, Zero espone con crudo realismo, e senza facili buonismi manipolatori, l’orrore dell’indiferrenza, del sadismo marziale, della disumanizzazione, della disorganizzazione e del pressappochismo imperanti in molti istituti penitenziari italiani.

Il racconto si chiude con un resoconto dei numeri relativi alle rivolte carcerarie del marzo 2020. Numeri che dovrebbero far riflettere, perché a loro volta riflettono quella che è, a tutti gli effetti “[…] una guerra che ci scorre accanto, nascosta solo da un muro.”

Romanzo sanitario

Uscita su L’Espresso nel marzo 2021, questa storia approfondisce un’altra falla strutturale del nostro paese, anch’essa emersa con ulteriore prepotenza durante la pandemia: l’inefficienza della sanità territoritale. Parliamo quindi di presidi medici fondamentali chiusi per tagli alle spese, di cliniche private che speculano sui bisogni sanitari e sociali, di attese interminabili per un controllo e di famiglie indigenti che non riescono ad accedere alle cure che spetterebbero loro di diritto, il tutto nella fredda indifferenza delle istituzioni.

Zerocalcare inquadra l’argomento immaginando di raccontare le carenze sanitarie di Rebibbia ad un giornalista fanatico interessato esclusivamente alla narrazione sensazionalista delle periferie, fatta solo di efferatezza o buonismo estremi, e quindi priva di alcun ragionamento realistico.

Fermo restando che l’approccio dei media e dell’opinione pubblica alle problematiche sociali è spesso e volentieri esattamente quello descritto da Zero, Romanzo sanitario si pone come un resoconto impietoso dello stato di abbandono vissuto in certi quartieri periferici, dove gli abitanti non solo si ritrovano letteralmente privi di punti di riferimento ma anche di voci che raccolgano e raccontino le loro rivendicazioni collettive così come sono, senza aggiurgervi la solita spruzzata di indignazione o commozione a buon mercato che banalizza una questione estremamente complessa e stringente.

Il diritto collettivo di accedere, rapidamente ed efficacemente, a delle cure che non dividano l’aspetto sanitario da quello sociale, viene quindi esposto dall’autore senza filtri, e ancora una volta il reportage si chiude con un colpo allo stomaco, ovvero con la presa di coscienza che anche una questione apparentemente nosiosa e burocratica, come la riapertura di un ASL, è in realtà una questione di vita o di morte per centinaia persone invisibili.

La dittatura immaginaria

In questo terzo reportage, apparso per la prima volta sull’Internazionale del 14/20 maggio 2021, Zero “mette in fila” 10 ragionamenti sulla psicosi da cancel culture, ovvero sull’assioma, vero o presunto, che nel mondo di oggi “non si può più dire niente perché tutti se la prendono a male”.

Al di là di qualsiasi analisi di merito, per la quale non abbiamo qui il giusto ed opportuno spazio, una cosa appare abbastanza chiara, almeno a chi vi scrive: il dibattito sulla cancel culture è particolarmente spinoso e complesso, e viene ulteriormente aggravato dal fatto che gli schieramenti si ritrovano spesso ad attaccarsi senza ascoltare effettivamente le istanze della parte opposta.

Dal canto suo, Zerocalcare espone la faccenda come una titanica guerra immaginaria combattuta a colpi di vittimismi esasperati e sterili, che non aiutano la discussione ma anzi la incancreniscono ed alimentano la speculazione di quello che lui chiama “mercato dell’opinionismo”. La domanda più interessante e rappresentativa dell’intera analisi di Zero è, almeno per me, la n.4: “È lecito che nel tempo venga ridimensionato lo spazio concesso ad alcune figure che hanno sempre avuto voce, per darne a chi finora non ne aveva?”.

Utilizzando la sua consueta ironia, l’autore dà infatti voce a più campane, ma non manca, lungo tutta la sua disamina, di affermare con forza la propria risposta, che potremmo sintetizzare così: Sì, è lecito, perché oggi, molto più di ieri, artisti, giornalisti, politici, opinionisti e chiunque altro lavori con il linguaggio, l’immaginario e la comunicazione, hanno la responsabilità di stare attenti a non propagare acriticamente tutti quegli automatismi irrazionali che alimentano lo status quo ed ostacolano i cambiamenti sociali positivi, tra cui l’integrazione delle minoranze.

Etichette

Potente e schietto, questo reportage a fumetti sulla questione curda è stato pubblicato nel luglio del 2021 sull’Internazionale. Da sempre vicino alla causa del popolo curdo, Zerocalcare racconta qui la realtà umana, sociale e politica del campo profughi di Makhmour, nel nord dell’Iraq, dove sono attualmente stanziati migliai di esuli curdi fuggiti nei primi anni novanta dai loro rispettivi villaggi a causa del conflitto curdo-turco.

Recatosi varie volte in questi territori, il disegnatore ha avuto modo di raccogliere e diffondere la voce dei suoi combattenti, uomini e donne che con grande dignità, coraggio, forza e sacrificio cercano di costruire e tenere in piedi una propria idea di società, il tutto a dispetto della naturale inospitabilità del luogo in cui si trovano e della spietata opposizione di chi li considera solo dei terroristi, Erdoğan su tutti.

Una vera e propria comunità, quella curda di Makhmour, che vive e si autogestisce secondo i pricipi del confederalismo democratico, basato sulla liberazione delle donne, sul rispetto della natura e sulla convivenza pacifica tra diversi popoli, religioni e culture. La loro è “una storia di sangue, polvere e dolore”, una lotta su più fronti, che Zerocalcare racconta (come sempre fa quando si tratta di affrontare vicende complesse) senza scadere in facili eroismi o etichette sensazionalistiche.

Un reportage di guerra dall’approccio necessariamente crudo, scomodo e sgradevole, che senza indorarci la pillola ci apre gli occhi e le orecchie su eventi cruciali troppo spesso ignorati e lasciati nel silenzio e nell’indifferenza.

Il castello di cartone

Strappare lungo i bordi, la cosiddetta “serie animata di Zerocalcare”, ha avuto un’enorme eco, venendo vista e discussa, apprezzata e criticata, da migliaia di utenti, non solo italiani.

Ma cosa c’è dietro alla realizzazione di una serie animata? E di questa serie animata nello specifico? Il castello di cartone risponde a queste due domande regalandoci una affascinante e coinvolgente rappresentazione meta-narrativa del processo psicologico, creativo e produttivo che ha portato, passo dopo passo, a Strappare lungo i bordi.

Zero immagina di dover affrontare una discesa negli abissi della propria mente ai fini di trovare l’equilibrio necessario a gestire le enormi pressioni che derivano dalla produzione di una serie animata. Un vero e proprio “viaggio dell’artista”, più che “dell’eroe”, ostacolato da paure, fisime e nevrosi che prenderanno la forma di cinque boss a guardia di altrettanti livelli. Ogni sfida rappresenterà un compromesso, una scelta di campo o una presa di coscienza essenziali per andare avanti, fino alla meta, fino alla realizzazione del proprio sogno, che in questo caso è quello di “fare un cartone”.

Con semplicità, ironia ed onestà, Il castello di cartone ci ricorda insomma che la vita è una caduta libera, un susseguirsi continuo di salti che fanno paura e che ci richiedono coraggio, e l’alternativa è soltanto restare immobili ed immutabili, il che, a pensarci bene, è molto più angosciante del timore di un fallimento.

Conclusioni

In conclusione, Niente di nuovo sul fronte di Rebibbia di Zerocalcare è un’ottima raccolta, perfetta sia per chi già ama il fumettista romano sia per chi lo conosce poco o per niente. Divertenti, interessanti, arricchenti e meritevoli di più letture, queste cinque storie/reportage vi faranno ridere e vi faranno riflettere.

Consigliatissime.

P.S. La mia personale classifica, basata banalmente sull’intensità dell’interesse e delle emozioni suscitatemi da ciascun racconto, è la seguente:

  1. Etichette
  2. Il castello di cartone
  3. Lontano dagli occhi lontano dal cuore
  4. Romanzo sanitario
  5. La dittatura immaginaria

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Classe ‘92. Laureato in/appassionato di: lingue, letterature e culture straniere. Giornalista pubblicista, divoratore di storie, scribacchino di pensieri propri e traduttore di idee altrui.

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