Amiche e amici del Capri Comics, oggi vi parliamo di Spider-Man: No Way Home, 27º film del Marvel Cinematic Universe nonché uno dei più discussi e attesi eventi pop dell’anno.
Diretto da Jon Watts e scritto da da Chris McKenna ed Erik Sommers, con Tom Holland ancora una volta nei panni del tessiragnatele di Casa Marvel, il film è uscito nelle sale il 15 dicembre e già sta macinando milioni di chilometri, incassi, discussioni, critiche, elogi, articoli, video, recensioni e disamine.
Anche noi non potevamo mancare di dire la nostra, perché l’opera merita di essere discussa, nei suoi meriti, nei suoi demeriti e nel suo significato complessivo come nuovo traguardo e nuovo punto di ripartenza nel colossale disegno di Sua Maestà Kevin Feige, Signore dell’MCU.
Ovviamente, nella prima parte dell’articolo, eviteremo di fare spoiler, perché un film così va visto e vissuto in sala, specie se siete amanti del personaggio.
Tuttavia, visto che parliamo di un’opera che è formalmente e narrativamente costruita su riferimenti, rimandi e livelli di interpretazione che innescano diversi spunti molto succulenti, non possiamo non ritagliarci uno spazio per gli spoiler, che naturalmente posizioneremo con tutti i dovuti avvisi e spazi di sicurezza alla fine dell’articolo.
Okay. Convenevoli finiti. Partiamo.
Three is a magic number
I primi due film interamente dedicati allo Spider-Man dell’MCU erano dei prodotti solidi, con qualche punta di interesse specialmente nelle tensioni di un supereroe adolescente incapace di gestire la propria condizione.
Tuttavia non erano certo dei film memorabili, e non erano memorabili neanche le altre apparizioni dell’Uomo Ragno di Tom Holland in pellicole corali come Captain America: Civil War, Avengers: Infinity War e Avengers: Endgame.
Il personaggio c’era, ma gli mancava ancora qualcosa. Quel qualcosa appare e si concretizza in questo terzo film, che è l’opera della maturazione, dell’adolescente che diventa uomo e quindi accetta il suo ruolo di eroe, non per fregiarsene edonisticamente, ma per interpretarlo come una missione, una missione che ha un prezzo, a volte altissimo.
Gli aspetti chiave del personaggio, sacrificio e responsabilità, finalmente tornano ad essere adoperati in maniera drammatica e non smielata e retorica, e persino i detrattori dello Tom Holland, a volte accusato di essere una star di Disney Channel poco incisiva, dovranno ricredersi nel vederlo diventare, in tutto e per tutto, una delle migliori trasposizioni filmiche di Peter Parker.
Eroe o minaccia?
Spider-Man: No Way Home è un film estremamente discutibile, nel senso letterale del termine, ovvero che apre molte discussioni, formali e di merito, anche negative o ciniche.
Ad esempio si potrebbe discutere del modo in cui è stato concepito e costruito, vale a dire attraverso una summa un po’ furbesca e manipolatoria di quasi tutto l’immaginario cinematografico del tessiragnatele e in generale dell’MCU. Questo lo porta ad essere un film “per nerd”, cioè per appassionati molto attenti, informati e in grado di cogliere tantissimi riferimenti e rimandi, non solo dell’MCU, che ad alcuni potrebbero invece risultare inintelligibili.
Va detto però che questo è, a tutti gli effetti, il senso ultimo del progetto di Feige, quello cioè di creare un universo cinematografico costruito e fruibile come un’unica titanica serie televisiva, con una lore espansa e un pubblico globale massivamente fidelizzato. Piaccia o non piaccia, l’idea alla base dell’MCU è questa, e il pubblico generalista sembra apprezzarla o quantomeno seguirla con interesse, nonostante i film davvero validi e memorabili finora, su 27 totali, non arrivino alla decina.
Si potrebbe poi discutere sugli inneschi della trama, un po’ pretestuosi, o sulla regia e sul montaggio modesti, ma la verità è che la potenza drammatica dei personaggi riesce a far dimenticare ogni piccolo guasto o mossa commercialmente furba presente in Spider-Man: No Way Home.
Le interpretazioni sono quasi tutte esaltanti, vive e sfaccettate, e gli eventi si susseguono con un ritmo entusiasmante e angoscioso insieme, pieno di colpi di scena elaboratissimi ma anche di piccoli momenti che riescono nel sempre difficile obiettivo di restituire una realtà umana credibile e simpatetica in una pellicola che racconta di uomini ragno, uomini sabbia, uomini fulmine, uomini lucertola e così via.
Conclusioni no spoiler
Questo film ha i meriti di riportare la gente in massa al cinema, e di farlo, secondo noi, mettendo a schermo lo spirito più vero di uno dei personaggi più amati di sempre.
Spider-Man: No Way Home, bada poco alla struttura del racconto e molto alla sostanza emozionale dello stesso, diventando così l’ottimo e commovente apice di una storia di formazione fino a questo momento poco compiuta. Nonostante i suoi difetti abbiamo amato questo film, perché al contrario di tanti freddi prodotti Marvel, magari formalmente migliori, quest’opera ha un cuore che batte, e forte anche.
Scrivendo questo articolo ci siamo resi conto che ragionarne senza rischiare di fare spoiler è estremamente difficile, e alla lunga renderebbe il discorso troppo aleatorio e generico.
Per parlare come si deve di Spider-Man: No Way Home è necessario dire qualcosa in più, per cui non ci resta che passare alle nostre conclusioni spoiler.
Perciò, se non avete ancora visto questo film ma intendete farlo, fermatevi qui, perché a partire dal prossimo paragrafo andremo ad esporre alcune opinioni più dettagliate sulla trama e sui personaggi. Non fatevi questo sgarro e andate a vedere al cinema questo gioiellino, perché se amate l’Uomo Ragno ne uscirete ringiovaniti, con gli occhi un po’ umidi e le farfalle nello stomaco.
Conclusioni spoiler: lasciate ogni pretesa voi che continuate
Diciamolo senza mezzi termini: per noi, il pretesto narrativo del film è abbastanza farraginoso.
Ci riferiamo ovviamente all’incantesimo di memoria lanciato da Strange per cancellare dalla mente della popolazione mondiale la notizia che Peter Parker è Spider-Man. Il precedente capitolo, Spider-Man: Far from Home, si chiudeva infatti con il villain Mysterio che rivelava al mondo l’identità dell’Uomo Ragno, accusandolo di averlo ucciso e di avere organizzato un devastante attacco di droni su Londra, quest’ultimo opera di Mysterio stesso. La notizia, amplificata dal controverso sito di informazioni “Daily Bugle”, causa un’enorme scandalo che porta Peter e i suoi cari ad essere vessati e isolati dall’opinione pubblica.
Ora… oltre alla bizzarra sconsideratezza con cui Strange decide di operare un lavaggio del cervello su scala globale, la logica stessa del suo incantesimo ci appare piuttosto bislacca e forzata. Lungi da noi passare per i cacaca**i che si mettono a dibattere la logica di un incantesimo, però quando l’incantesimo in questione è così spudorato e a tratti anche contraddittorio, le domande sorgono spontanee e un po’ irritano se si decide di impuntarcisi.
A parer nostro, la vera magia di Strange è far partire una trama che non avrebbe avuto modo di esistere altrimenti.
Il film sembra poi costruito con astuzia partire da momenti precisi, probabilmente scelti a tavolino proprio per risuonare nel pubblico. Parliamo ovviamente dell’arrivo degli Spider-Man interpretati da Tobey Maguire e Andrew Garfield, della tragica fine di zia May e soprattutto della rinuncia finale di Peter.
Mettere insieme tutte queste idee non era facile, e infatti la struttura narrativa a tratti sbanda e la sospensione dell’incredulità ne risente. I possibili buchi di trama non sono pochi, ad esempio la presenza di Electro, che palesemente non conosce l’identità di Spider-Man, ma che è lì per effetto di un incantesimo che dovrebbe richiamare chi sa che Peter Parker è il tessiragnatele.
Ci sarebbero anche altre domande puntigliose da porre agli sceneggiatori, eppure, per noi, tutto ciò viene incredibilmente eclissato dall’altissimo livello di scrittura dei personaggi principali, dei loro rapporti, dei loro desideri, timori e bisogni.
Il rapporto tra Peter e MJ non è mai stato portato sullo schermo in maniera più intensa, più vera, più dolce. Fra Tom Holland e Zendaya c’è una chimica innata, data naturalmente anche dalla loro relazione nella vita privata: i loro momenti insieme risplendono infatti di luce propria. Benedict Cumberbatch, che torna a vestire i panni del non più Supremo Stregone Strange, interpreta il suo ruolo con misura, bilanciandosi tra il legale neutrale e il legale buono, ovvero, per i non avvezzi al linguaggio di Dungeon & Dragons, tra il ruolo di arbitro e quello di eroe.
Da standing ovation è anche il ritorno di pesi massimi come Alfred Molina e Willem Dafoe: dopo quasi vent’anni, i due tornano ad interpretare Octopus e Goblin con un’energia strabiliante che far risaltare sia le luci sia le ombre ombre insite in questi due personaggi. Molto interessante anche il “nuovo” Electro di Jamie Foxx, mentre si assestano sulla pura funzionalità narrativa i personaggi di Lizard e Sandman, con quest’ultimo leggermente più sviluppato.
E arriviamo infine a loro, Garfield e Maguire, che ci lasciano con una prova attoriale davvero degna di nota, quella di due Spider-Men più maturi, più adulti, più saggi, più disincantati, ma che necessitano comunque di liberarsi dalle zavorre psicologiche che li affaticano, oltre alla perdita (loro malgrado formativa) dei rispettivi Zio Ben.
L’Uomo Ragno interpetato da Garfield, che sconta ancora il dolore di non essere riuscito a salvare Gwen, “la sua MJ”, riuscirà a riabilitarsi e a perdonarsi salvando proprio la MJ di questo universo. L’Uomo Ragno di Maguire, tormentato invece dall’aver involontariamente causato la morte di Osborne, riesce qui a salvarlo dalla rabbia di un’altra versione di se stesso, liberandosi così anche lui dal suo senso di colpa.
Uno degli aspetti più significativi del film è sicuramente la morte di Zia May, che in questo universo assume su di sé il ruolo che nei fumetti e negli altri film era stato del compianto Zio Ben. Parliamo ovviamente del ruolo di mentore che impartisce una lezione che qui torna ad essere quasi sacra, e non solo una frase ad effetto: da grandi poteri derivano grandi responsabilità.
La responsabilità di aiutare e salvare il prossimo, anche chi è danneggiato e non vuole essere aiutato e salvato. La responsabilità di non cedere all’odio. La responsabilità delle scelte singole che cambiano il collettivo. La responsabilità di rinunciare a tutto, pur di salvare tutti.
La responsabilità e la forza di essere eroi, e di esserlo con leggerezza, nonostante i macigni che pesano sul cuore, con una battuta e un gesto di solidarietà umana verso tutti.
Spider-Man: No Way Home ci ha emozionati e ci ha divertiti, malgrado i suoi palesi difetti, perché rappresenta la definitiva concretizzazione filmica dell’Uomo Ragno che ci ispirava da bambini: stoico e partecipe, intraprendente e scanzonato, anche a dispetto della mancanza di mezzi, della solitudine, dei rimorsi e dei rimpianti.
Niente più super-gadget e super-amici: lo Spider-Man di Tom Holland è diventato grande.
È diventato Spider-Man.